16/01/2006
Le donne ammesse nei Club per Gentiluomini
Il premier Tony Blair chiede l’abolizione del divieto:
nessuna discriminazione negli storici ritrovi per soli uomini
Le donne ammesse nei Club per Gentiluomini
a Londra cade l’ultimo tabù
(Gentilmente tratto dal quotidiano La Repubblica)
dal nostro corrispondente ENRICO FRANCHESCHINI
LONDRA – L’ultimo bastione della vecchia Inghilterra si prepara a cadere. I “gentlemen’s club”, dove signori solitamente un po’ anziani appartenenti all’aristocrazia, al governo, al big business, scomparivano per interi pomeriggi, in modo da fumare il sigaro, leggere il Times, sorseggiare il tè o uno Sherry, sprofondati in comode poltrone, serviti da silenziosi camerieri, sicuri di non essere disturbati o distratti dalla presenza del sesso femminile, stanno per cambiare. Una nuova legge “sull’uguaglianza” in procinto di venire presentata da Tony Blair alla camera dei Comuni, annuncia l’Independent, promette di ristabilire ovunque il principio che nella Gran Bretagna d’oggi non possono esistere discriminazioni basate su “età, razza, religione o sesso”, e tra gli obiettivi della novella legislazione, indicano fonti di Whitehall al quotidiano londinese, ci sono proprio i “club per gentiluomini”, seguiti dalle scuole d’élite riservate agli alunni maschi, come la leggendaria Eton.
Nei magnifici palazzi lungo Pall Mall, la via dei club privati della classe dirigente, situata a metà strada tra il parlamento di Westminster e Buckingham Palace, bisogna dire che la rivoluzione era cominciata da qualche anno. Numerosi club, infatti, avevano già aperto le iscrizioni alle donne. Ma i più prestigiosi e tradizionalisti hanno finora tenuto duro, come per esempio White’s, tra i cui membri figura il nuovo leader del partito conservatore David Cameron, dove il capo dei servizi politici dell’Independent, Marie Wolf, donna come suggerisce il nome, ha provato recentemente ad entrare, venendo quasi subito accompagnata alla porta da un altezzoso portiere in livrea.
L’iniziativa del governo Blair suscita reazioni contrastanti. “Era ora”, dice Jennie Blonde, commentatrice della Bbc, “l’idea che metà della popolazione fosse esclusa dai club perché di sesso femminile è assurda, ridicola e antidiluviana”. Amanda Platell, columnist conservatrice, concorda, con una distinzione: “Mi fa piacere che i club aprano le porte alle donne, ma io di sicuro non vorrei farne parte”.
Un’altra donna, la scrittrice Jilly Cooper, invece dissente: “Santo cielo, se un po’ di vecchietti adorano ritrovarsi tra di loro, non ci vedo nulla di male. Non capisco perché dovremmo sconvolgerli imponendo la presenza delle donne”. Un uomo, membro anche lui di White’s, il deputato dei Tory Nicholas Soames, è indignato: “Pensavo che il governo avesse cose più importanti di cui occuparsi. È una riforma insensata”.
Di sicuro, è una riforma che segnerà la fine di un’era, oltre al tramonto dell’inesauribile serie di battute sull’argomento. Da quella memorabile di Oscar Wilde, “non vorrei mai appartenere a un club che mi accettasse trai suoi membri”, al seguente aneddoto riferito tra gli altri da Anthony Sampson nel suo delizioso ritratto dell’Inghilterra. Il Beefsteak, uno dei club più famosi di Londra, sorgeva poco distante da Leicester Square, di fronte a un locale di striptease, cosicché la polizia, vedendone uscire ogni sera vecchi signori dall’aria soddisfatta, l’aveva scambiato per un bordello.
Una sera gli agenti vi fecero irruzione ma trovarono solo quattro gentiluomini intorno a una lunga tavola. “E lei chi sarebbe?”, intimò un poliziotto a uno dei quattro. “Sono il Lord Cancelliere”, rispose quello. Il poliziotto pose la stessa domanda ad altri due, che dissero di essere l’arcivescovo di Canterbury e il governatore della Banca d’Inghilterra. “E immagino che lei sia il primo ministro”, commentò sarcastico l’agente, rivolto al quarto uomo. “Infatti lo sono”, gli rispose imperturbabile Arthur Balfour, l’allora primo ministro britannico.
(16 gennaio 2006)