05/04/2006
Londra, porte chiuse per l'IVA hi-tech
Londra, porte chiuse per l’IVA hi-tech
(Tratto da punto-informatico.it)
Le frodi hanno superato il miliardo di euro; il Governo anglosassone spinge per un aggiornamento della legge vigente anche a costo di andare contro le decisioni UE
Londra – L’evasione del pagamento dell’IVA legata alle transazioni commerciali fra stati comunitari inizia a preoccupare il Regno Unito. Il Governo di Sua Maestà è intenzionato a sostenere presso la Commissione Europea una decisiva correzione della legge sull’imposta sul valore aggiunto. Her Majesty’s Revenue and Customs (HMRC) – il ministero delle imposte – la scorsa settimana ha confermato che un cambiamento legislativo potrebbe migliorare la sua capacità di fronteggiare il fenomeno del cosiddetto “carousel fraud”, ovvero le truffe d’IVA. In pratica, quando un’azienda inserisce la voce di imposta nelle fatture di vendita, ma poi non si preoccupa di pagarla allo Stato. Un fenomeno che sembra diffusissimo nel settore dell’alta tecnologia.
Secondo il HMRC, i settori con più frodi sono quelli della telefonia e dell’hardware PC, e su tutti il comparto processori. Il commercio fra una nazione comunitaria e l’altra ha fatto dilagare il fenomeno. Il dibattito si è acceso ulteriormente nei toni quando tre imprese anglosassoni non sono riuscite a recuperare l’IVA fatturata da venditori che avevano eluso l’imposta, con conseguenze pesantissime.
Il VAT and Duties Tribunal aveva confermato che il loro diritto non poteva che decadere, dato che i beni acquistati erano stati oggetti di “carousel fraud”. Secondo lo studio di avvocati Peters and Peters, che si è occupato della querelle, Optigen, Fulcrum Electronics e Bond House Systems non “erano altro che commercianti legali specializzati nell’import/export di chip” e totalmente estranei alla frode. “Siamo stati obbligati a cessare l’attività dopo il rifiuto di rimborso dell’imposta, valutato circa 19,3 milioni di euro. Adesso siamo in liquidazione”, ha dichiarato Ian Prescott, socio della Bond House Systems.
Le autorità anglosassoni, poi, hanno richiesto a Bruxelles di poter legiferare al riguardo, inserendo nella legge sull’IVA una norma che permetta il recupero, dalle aziende, dell’imposta non pagata. La Corte Europea di Giustizia si è opposta duramente, dichiarando che “il diritto al rimborso dell’IVA di una persona non può essere precluso dal fatto che a sua insaputa nella catena di commercializzazione vi siano state delle frodi”.
Il sistema anglosassone per il recupero delle imposte è diverso da quello italiano, e forse proprio per questo motivo il problema delle frodi d’IVA è balzato all’onore delle cronache. La proposta anglosassone è di rendere possibile il rimborso solo ed esclusivamente quando i beni vengono venduti ai consumatori, in pratica alla fine della catena di vendita.
“Stiamo chiedendo di operare con condizioni diverse, per rompere il meccanismo che sfruttano i criminali per frodare il fisco”, ha dichiarato un portavoce di HMRC alla testata ZDNet UK. “Spero che la Commissione Europea e gli stati membri guardino con favore alla nostra proposta, e che il Regno Unito possa legiferare al riguardo il più presto possibile”, ha aggiunto Dawn Primarolo, Ministro del Paymaster General. Recentemente anche l’Austria e la Germania si sono espresse a favore di questa iniziativa, ma la Commissione Europea non ha ancora deciso.
HMRC ha rilevato che nel periodo 2004/2005 il valore delle frodi di questo tipo è stato stimato fra gli 1,6 miliardi di euro e i 2,7 miliardi di euro. E questi sono dati che riguardano solo il Regno Unito; si profila quindi, secondo gli analisti, un buco di decine di milioni di euro per gli erari dell’intera Comunità Europea.
Dario d’Elia