28/12/2005
La mecca dello shopping nata dal negozietto d’un droghiere immigrato
La mecca dello shopping nata dal negozietto d’un droghiere immigrato
Lorenzo Amuso IL GIORNALE.IT
da Londra
La scena si ripete, puntuale, ogni anno. Una lunga fila, smaniosa ma ordinata, lungo i marciapiedi dell’elegante quartiere di Knightsbridge davanti alla mecca dorata del consumismo moderno assurta a simbolo di Londra. Diviso in 300 reparti distribuiti su sette piani, 5.000 dipendenti tra commessi, detectives, vigili del fuoco e infermieri, Harrods è lo shopping a briglia sciolta e a ritmo incalzante. Si calcola che solo nella prima mezz’ora dall’apertura (ore 9) finiscano nelle casse del grande magazzino oltre un milione di sterline. Senza succursali nel mondo (solo 11 punti vendita in aeroporti asiatici ed europei), si estende su 75mila metri quadrati, con 46 ascensori che percorrono in un anno 80mila chilometri (quasi due volte il giro del mondo). Le sue 300 linee telefoniche, con tremila derivazioni interne, ricevono in media 12mila chiamate ogni giorno.
La stagione dei saldi attira sempre folle spaventose: da una media di 35.000 visitatori si passa a punte massime giornaliere di 250.000. Semplici curiosi, collezionisti, milionari, turisti, tutti in fila per scovare l’offerta più vantaggiosa (saldi fino al 75%), spaziando «dall’ago all’elefante» come recita l’adagio inglese. Il rito d’apertura è sempre lo stesso: una celebre madrina (negli anni scorsi tra le altre Cher, Sofia Loren, Raquel Welch, Victoria Beckham, la popstar australiana Holly Valance, Jennifer Love Hewitt, Lucy Liu) che giunge davanti alle 10 porte su una carrozza trainata da due cavalli neri. Ad accoglierla, in impeccabile smoking nero, il controverso proprietario, Mohammed Al Fayed, papà di Dodi e mancato suocero di Diana. Di origini egiziane, ma residente nel Regno Unito da oltre 35 anni, Fayed, che da anni cerca invano di ottenere il passaporto britannico, ha rilevato il magazzino dei «ricchi e famosi» nel 1985, pagandolo 615 milioni di sterline. Nel febbraio 1999 ha festeggiato – con una cerimonia faraonica e kitsch – i primi 150 anni di vita di quello che una volta era il piccolo negozio di Charles Henry Harrod, un droghiere dell’Essex trasferitosi a Londra. Originariamente situato in Cable Street nell’East End di Londra, solo nel 1849 Harrods si è spostato nell’elegante quartiere Knightsbridge. Negli anni seguenti si è allargato inglobando i negozi vicini, fino alla costruzione dell’attuale edificio, il cui esterno viene illuminato da 11.300 lampadine. In seguito alle accuse di Fayed all’establishment reale, nel 2000 Buckingham Palace ha cancellato Harrods dalla lista dei fornitori ufficiali. Uno smacco più simbolico che finanziario, anche se gli ultimi bilanci denunciano un’allarmante calo degli utili. Fedele al proprio motto «tutto per tutti dovunque», non solo i ricconi ma anche la gente comune si ritrova tra i 12 milioni di fedelissimi che ogni anno lasciano il negozio con in mano le celebri buste verdi a scritte dorate.
Linee esclusive con punte verso l’alto, come il diamante da 64,9 carati, in vendita in questi giorni a metà prezzo (2 milioni di euro), oppure i sandali più costosi del mondo composti da 642 rubini, per un totale di 120 carati, montati su platino (1,5 milioni di euro). O ancora l’orologio d’oro tempestato di diamanti con sconto del 50% (300mila euro), o Clive Christian N.1, il profumo da 170mila euro. Strenne natalizie «per tutti» ma non per il principe Filippo, messo al bando dai magazzini dal vendicativo Fayed.