10/05/2006
Balletto: cinque italiani a Londra
Balletto: cinque italiani a Londra
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Atterro a Heathrow con il consueto ritardo dei voli pomeridiani, ma ancora in tempo per scegliere tra una cena tranquilla e una Giulietta di Cojocaru. Al destino la decisione: do un colpo di telefono a Pietro; è libero; il pensiero di una conversazione intelligente mi rende appetibile l’idea di un informe intruglio uscito da una cucina inglese. E così opto per la cena conversativa.
Aspetto Pietro Zambello sotto un subitaneo scroscio di pioggia davanti all’ingresso della Royal Ballet School, dove l’ho conosciuto tempo fa, dopo il suo trasferimento a soli 16 anni al secondo corso della prestigiosa scuola londinese. Qui sta completando i suoi studi di danza, iniziati a 11 anni a Castelfranco Veneto nella scuola di Susanna Plaino e ora, al terzo corso inoltrato, è sulla soglia del diploma e comincia a parlare dei primi ingaggi. E’ proprio dell’ottima posizione conquistata all’audizione a Monaco e soprattutto del contratto, ancora da firmare, offertogli da Aaron Watkin per il Balletto di Dresda che mi parla appena arriva, puntuale just for a change, capello nero corvino e occhio altrettanto nero, che rinuncia ad incenerirti per il solo gusto di consumarti a fuoco lento. La conversazione, al solito, è variata, ma pezzo forte è l’annuncio della prossima tournée della Scuola a Toronto con Concerto di MacMillan e Four Last Songs dopo il successo della precedente “uscita” a Washington dove Pietro è stato il leading man in Birthday Offering. Con noncuranza Pietro aggiunge che il giorno seguente le lezioni alla Royal Ballet School saranno aperte a genitori e parenti. Imbastiamo subito un piano per la mia adozione ad “amico di famiglia” e, la mattina successiva, con la connivenza di un sorriso angelico di Pietro alla burrosa segretaria della Scuola, varco indisturbato la soglia del sacrario.
Mentre Pietro va a scaldarsi, a farmi accomodare in sala è un altro amico, Valentino Zucchetti, anche lui da due anni alla Royal Ballet School per completare gli studi avviati, addirittura dai 4 anni, nella scuola RAD “Enjoy Dance” di Sarnico, da Cristina Zatti e Michele Vegis e proseguiti fino al quinto corso della Scuola della Scala con gli insegnamenti di Emanuela Arditi e, successivamente, del maestro Podini.
C’è il tempo di scambiare due parole prima dell’inizio della classe maschile dell’ultimo corso. Valentino mi ragguaglia sulla medaglia di bronzo in classico e sull’ottimo esito della variazione contemporanea al concorso che ha sostenuto da poco a Berlino. Non nasconde tutta la sua eccitazione per l’imminente partenza per Kiev dove parteciperà a un altro concorso esibendosi, tra l’altro, in Paquita (ci ha poi fatto sapere che si è meritato la medaglia d’argento). E’ molto contento della sua esperienza alla Scuola del Royal Ballet, anche se rimpiange di aver lasciato i maestri ai quali si sente tuttora legato. “Qui mi stanno raffinando in tutto – mi dice – ma io mi considero ancora un prodotto Scala”.
Inizia la lezione: 13 maschi all’ultimo corso, come 13 coppie saranno quelle della lezione di passo a due del pomeriggio. I ragazzi sono eterogenei, pochi sono gli inglesi, i più provengono da ogni parte del mondo: brasiliani, ukraini, irlandesi, americani formati in altre scuole, seguendo altri metodi. Sono piuttosto diversi l’uno dall’altro, anche se, naturalmente, uno o due anni di perfezionamento alla Royal Ballet School hanno smussato le differenze enfatizzando linee ancora un po’ cecchettiane, come si vedevano più facilmente quando ero giovanotto, per alcuni un po’ troppo antiche, per me bellissime. Da non professionista resto colpito dalla cura estrema del lavoro di sbarra, fino al punto di comportare una certa instabilità. Ne resto impressionato soprattutto per il contrasto col centro dove, facendo perno sulla potenza, perdono un po’ della purezza delle linee, ma acquistano grande sicurezza.
Al termine delle due lezioni alle quali assisto mi balena l’idea di portare agli amici di Balletto.net notizie degli italiani in questo momento alla Royal Ballet School. Sguinzaglio Pietro e Vale alla ricerca di Martina Baglioni e di Francesca Golfetto. Siamo sfortunati: una è già rincasata e l’altra è tuttora impegnata in una lezione. Vorrei aspettarla, ma ho ancora poco tempo e, allora, decido di concentrarmi sui maschi e mi viene l’idea di sostituire l’intervista seria e impegnativa che mi sarebbe piaciuto fare, con qualche battuta un po’ scherzosa, una serie di botte e risposte, botte provocatorie e risposte argute, un po’ per divertire i lettori e un po’ perché, notoriamente, “E’ mentre ride che Bertoldo si confessa”.
Con Claudio Cocino sono più fortunato. I ragazzi lo trovano subito e lui si presenta con un sorrisone aperto aperto e un’allegria che ti rinfresca l’anima. Un ragazzo che piace, che si piace, che vuole piacere. Te ne accorgi immediatamente per il modo in cui ti racconta i suoi esordi a 7 o 8 anni: “Abitavo a Civitavecchia. Un giorno sono passato con mia mamma davanti a una scuola di danza; le ho chiesto di portarmi dentro a vedere. Non ne sono più uscito”. In realtà tre o quattro anni più tardi deve esserne uscito se a 11 anni lo ritroviamo a Roma all’Accademia Nazionale di Danza. E dall’accademia passerà all’Opera di Roma dopo altri due anni. L’Opera di Roma sembra essere la sua seconda casa: gli brillano gli occhi quando mi parla degli insegnamenti di Pablo Moret e della direttrice, Paola Jorio. Anche a lui preme sottolineare che si considera una creatura dell’Opera di Roma al punto da voler partecipare, la settimana successiva, allo spettacolo della scuola. La vittoria a Spoleto gli ha aperto la strada per la Royal Ballet School, una scuola che ritiene bellissima esteticamente, alla quale non manca nulla, mi dice, salvo un dettaglio essenziale: una gestione coordinata.
Il tempo stringe e i ragazzi sono stanchi o, forse, sono solo io ad esserlo. Così li trattengo ancora solo pochi minuti per questo scambio di battute scherzose con un fondo di verità. Ecco il risultato.
Una ballerina celebre che non vorresti mai come partner?
Valentino: Zakharova, troppo grossa
Pietro: Yanowsky, niente affatto femminile
Claudio: Yanowsky, troppo alta
Una cosa che speravi di non trovare alla Royal Ballet School?
Valentino: ragazze grasse
Pietro: Valentino, eh, eh (sogghigno con funzione di smile sonoro)
Claudio: le partner grasse
Una cosa che speravi di trovare alla Royal Ballet School e che non hai trovato?
Valentino: la disciplina, decisamente
Pietro: la disciplina
Claudio: le partner magre
Una variazione che pensi non sia nelle tue corde
Valentino: Albrecht in Giselle
Pietro: Don Chisciotte
Claudio: Basilio nel III atto del Don Chisciotte
Un ballerino al quale non vorresti mai assomigliare
Valentino: David Makhateli
Pietro: Ruzimatov
Claudio: Edward Watson
Un ruolo che ti piacerebbe fosse legato al tuo nome?
Valentino: Romeo
Pietro: Romeo
Claudio: Franz in Coppelia
Un balletto che detesti?
Valentino: My brother, my sisters di MacMillan
Pietro: Les Noces
Claudio: La Silfide
Da 1 a 10 quanta soddisfazione ti dà ballare Ashton? E MacMillan?
Valentino: sette / nove
Pietro: Per Ashton dipende; le variazioni da uomo o da donna? Invece, MacMillan dieci
Claudio: sette entrambi
e Petipa?
Valentino: cinque
Pietro: otto
Claudio: otto
….Nureyev?
Valentino: dieci
Pietro: zero meno, meno
Claudio: cinque
Tu nomineresti mai ètoile una ballerina con tutte le doti immaginabili, grande espressività, tecnica solidissima, ma chiusa come una cozza?
Valentino: si
Pietro: per pietà, no
Claudio: sicuramente si
… e se, invece, avesse tutto ma pochissimo en dehors, la nomineresti ètoile?
Valentino: certo, ce ne sono già così tante!
Pietro: se lo maschera bene bene, allora si
Claudio:…cozza va bene, ma l’en dehors…
…stessa domanda, una ballerina squarciata, tutto l’en dehors del mondo, lavoro di piedi, tecnica mozzafiato, ma molto poco espressiva, la faresti ètoile?
Valentino: si, ma sarebbe incompleta
Pietro: beh, già ce ne sono, quindi si
Claudio: mai e poi mai
Una dansèuse étoile dell’Opéra che non ti piace?
Valentino: Pujol
Pietro: Passo, per me là esiste solo la Dupont, le altre non si vedono proprio
Claudio: mi piacciono tutte
Un dansèur étoile dell’Opéra che non ti piace?
Valentino: mah, non è che ti lasciano senza fiato per i loro prodigi tecnici, però sono belli
Pietro: perché, c’è qualcuno?
Claudio: José Martinez
Quattro domande buttate lì con noncuranza sono riuscite a far emergere personalità decise, gusti ben definiti, opinioni nette, che non conoscono incertezza. Ed è bene che sia così: sono tre ragazzi giovanissimi, ma le loro certezze li dichiarano pronti ad affrontare una carriera in cui il gusto sicuro, ancorché discutibile, e la mancanza di esitazione sono attrezzi indispensabili. Per noi profani-appassionati, che discutiamo all’infinito sul valore di una coreografia di Nureyev piuttosto che di Petipa, che litighiamo mettendo a confronto i nostri ballerini preferiti, è confortante osservare che bastano tre professionisti in nuce per avere le risposte più disparate alla stessa domanda, risposte che spaziano dal dieci allo zero meno meno, da un “sicuramente sì” a un “per pietà, no”. Se neppure loro hanno opinioni univoche……