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7 Luglio 2005

L’attacco a Londra

La capitale britannica cerca di tornare alla normalità: aperte quasi tutte le linee del metro, regolari i mezzi di superficie. Siamo scossi, increduli, spaventati e abbiamo poche parole per commentare quello che è successo. Tutti si aspettavano che Londra sarebbe stata uno dei bersagli principali dell’Islam estremista, ma sembrava, via via che passava il tempo, che tutto potesse ricomporsi, in nome dell’intelligenza e non della violenza. Ora il triste risveglio.

Come ha scritto Ezio Mauro sulla Repubblica di oggi, nonostante il fatto che il bersaglio propagandistico evidente di questo attacco erano i capi del G8, resta la sensazione che il vero target e la vera ossessione dei fanatici siamo noi. Una normalità forse ricca, è vero, ma una normalità fatta di attese alla stazione del metrò, l’autobus che arriva, la scala mobile che scende e il vagone del treno che parte, andare al lavoro, entrare a scuola, leggere il giornale: i piccoli gesti quotidiani di ognuno, che collettivamente formano i riti di una cultura comune, di una civiltà condivisa, la banalità invisibile e benefica della democrazia di ogni giorno.

Ed è proprio a questa normalità, per cui si combatte e purtroppo si muore, che il popolo londinese, come si sa formato da 200 popoli diversi, sembra aggrapparsi, non disperatamente, ma appunto normalmente. E allora anche i feriti insanguinati facevano la loro parte, raccontando la tragedia, in modo sobrio, quasi sottovoce, senza farsi battere dall’enorme tristezza, che pure c’è, è presente ovunque. E allora, i pub erano affollati come al solito, e si parlava, si discuteva di quello che era successo.

Oggi, “il giorno dopo” la voglia di normalità è ancora più grande, per dare un messaggio da un silenzio assordante a chi ha cercato di violare questa normalità fatta di migliaia di piccoli gesti quotidiani. Si piangono e si ricordano le vittime, la compostezza non è indifferenza, anzi. Ma si guarda al futuro, a cominciare da oggi. Londra è e vuole essere nel bene e nel male come è sempre stata.

M.S

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