13/06/2006
Paul Weller, quando lo stile sale sul palco
Paul Weller, quando lo stile sale sul palco
di Alberto Castelli
Ci sono concerti durante i quali sia l’artista sia il pubblico sentono che sta accadendo qualcosa di particolare. E’ una sensazione che regala energia. Chi è sul palco acquista progressivamente sicurezza e si lascia andare. Chi è in platea riconosce all’istante le canzoni e in qualche modo le rende ancora più belle. Una cosa è certa: tutti sanno che quella sera si trovano al posto giusto, nel momento giusto. E sono momenti particolari: arrivano e sfumano con la stessa velocità. Soprattutto, sono momenti preziosi. Difficili dimenticarli.
Quando lo scorso 5 dicembre Paul Weller e il suo gruppo sono saliti sul palco dell’Alexandra Palace di Londra, probabilmente nel giro di pochi minuti devono aver avvertito che quella non era una sera come tutte le altre. Catch Flame!, il doppio CD disponibile da venerdì in Italia e da oggi in Europa, che racconta in presa diretta quell’esibizione, lo testimonia in maniera eloquente. A voce alta. Le 23 canzoni che contiene compongono il ritratto di un magnifico “quasi – cinquantenne”, Weller è nato infatti nel 1958 a Woking, nel Surrey, un piccolo centro nel mezzo del nulla della provincia inglese. Quello che oggi si definisce solo e semplicemente “un vecchio mod” è passato, nel corso di una carriera lunga quasi 3 decenni, attraverso stagioni durante le quali si è ritrovato al centro della scena e di un periodo molto più grigio e difficile.
Dal 1977 al 1982 è stato il leader dei Jam, gruppo sciolto all’apice del successo, perché è meglio, molto meglio, finire come i Beatles piuttosto che rischiare di diventare come i Rolling Stones. Poi ha formato gli Style Council, allontanandosi dalla retorica di un certo rock per avvicinarsi all’immediatezza della black music, e nel 1990 – quando si è ritrovato senza contratto discografico e soprattutto senza più il sostegno del pubblico – ha trovato la forza per ricominciare tutto da capo. Ha intrapreso la carriera solista, segnata da lavori particolarmente riusciti quali Wild Wood
1993), Stanley Road (1995) e il recente As Is Now (2005).
Weller è cresciuto ascoltando i Beatles, il soul della Stax e della Motown, le canzoni degli Who, dei Kinks e degli Small Faces ed è poi diventato un punto di riferimento per la nuova generazione del pop britannico, a cominciare dai rissosi fratelli Gallagher. Le canzoni di Catch Flame!, interpretate in maniera vibrante e appassionata, ripercorrono la sua storia. I giorni dei Jam riemergono con In The Crowd, That’s Entertainment e la trascinante A Town Called Malice, quelli degli Style Council con Long Hot Summer (bellissima soul ballad) e la coinvolgente Shout To The Top. Gli anni della rinascita sono documentati da brani quali Wild Wood (cantata insieme al pubblico), The Changing Man e You Do Something To Me.
A colpire è la compattezza del suono, la forza emotiva della voce di Weller, la maestria dei musicisti che l’accompagnano e naturalmente la qualità del suo repertorio. Come tutti gli artisti che raggiungono la completa maturità, Paul Weller toglie e non aggiunge. Del resto, come si dice proprio in Inghilterra, “less is more”. Così, dosa magistralmente controllo e passione. All’improvviso, si lancia in lunghi dialoghi con la sua band, per poi scegliere “moods” più sfumati e appena accennati. Ci piace immaginare il pubblico di quella sera: da un lato chi nel 1977 trovò nel punk e nei Jam tutto quello che cercava e immaginava, dall’altro chi ha conosciuto questo vecchio mod solo negli ultimi anni. Il coro che risponde ai versi di That’s Entertainment attraversa e unisce queste generazioni. Anche questo è un momento particolare. Impossibile dimenticarlo.