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Harry Potter : esce in Italia il quinto volume

Harry Potter : esce in Italia il quinto volume

“Repubblica.it”
di DARIO OLIVERO

 
 

L’ora X scatta alle 16,30 di domani, poche ora prima della notte di Halloween. Alla chiusura delle scuole, migliaia di ragazzini potranno volare in libreria per acquistare Harry Potter e l’Ordine della Fenice (Salani 24 euro), quinto volume della saga delle avventure del maghetto creato da J.K. Rowling. Della trama chi deve sapere sa, il libro è uscito in America il 21 giugno e dopo qualche ora i colpi di scena giravano già su Internet. A grande linee si può dire che Harry è alle prese con i turbamenti dell’adolescenza.

E’ prevista una prima tiratura di 600 mila copie e secondo stime ufficiose sarebbero già oltre 250 mila le copie prenotate. La Salani ha adottato una politica di cauto buon senso. Ecco un comunicato diffuso qualche giorno fa dalla casa editrice: “Ci scusiamo con tutti i librai che stavano preparando aperture eccezionali per la mezzanotte tra giovedì e venerdì prossimi. Abbiamo ritenuto che organizzare feste notturne alla vigilia di un giorno scolastico impedisse ai bambini di partecipare, oppure avrebbe potuto indurli a saltare la scuola l’indomani, o ad andarvi troppo stanchi”. Non è eccesso di prudenza: nei Paesi in cui è già uscito, all’indomani del lancio si sono contati molti banchi vuoti: i piccoli lettori avevano passato la notte a leggere ed erano crollati poco prima del suono della sveglia. Da incorniciare la chiusa: “La professoressa Minerva McGranitt, insegnante di Trasfigurazione presso la Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, ci chiede di trasmettere la sua preghiera ai colleghi italiani di non caricare eccessivamente di compiti i loro alunni nel primo fine settimana di novembre, per consentire ai ragazzi di leggere tranquillamente le nuove vicende del loro mago preferito”.

Gullit esonerato al suo posto Gianluca Vialli

Gullit esonerato al suo posto Gianluca Vialli
di ANDREA GALDI
Clamoroso, in Inghilterra: Ruud Gullit, dopo due anni, si dimette e lascia la panchina del Chelsea. Al suo posto, nella doppia veste di allenatore e giocatore, d’ora in poi ci sarà Gianluca Vialli, ex Sampdoria, Juventus e nazionale, da alcune stagioni emigrato nella Premier league dopo il travagliato divorzio dalla società bianconera. La notizia, riportata con grande risalto stamattina dai giornali inglesi, è stata confermata con un comunicato ufficiale del Chelsea (che immediatamente, in Borsa, ha perso il 12 per cento). “Una volta chiaro che Gullit non sarebbe rimasto al Chelsea anche nella prossima stagione calcistica – ha detto il direttore generale Colin Hutchinson – abbiamo subito pensato che l’unico che potesse ricoprire questo ruolo fosse proprio Vialli. Abbiamo fatto di tutto per trannere Ruud e gli abbiamo anche fatto delle offerte economiche a dir poco vantaggiose ma lui chiedeva veramente una cifra troppo elevata, incredibile”.

“E’ vero – dice Andrea D’Amico, uno dei procuratori assieme a Pasqualin di Vialli – da tempo andava avanti una trattativa tra Gianluca e i dirigenti inglesi. Ci ha pensato, ha valutato a fondo e poi alla fine ha deciso di accettare, visto che continua a considerare più che positiva la sua esperienza in Inghilterra”.

Ancora da ufficializzare i termini del nuovo accordo: ma secondo indiscrezioni, Vialli – che in questa stagione ha realizzato quattordici gol in campionato – presto firmerà un contratto per tre anni. Per le ore 17 di oggi l’ex juventino ha convocato la sua prima conferenza stampa nella veste di allenatore-giocatore. I suoi due vice allenatori saranno gli stessi di Gullit, e cioé Graham Ryx e Gwyn Williams.

Attualmente, il Chelsea – nel quale militano anche altri due italiani, l’ex attaccante del Parma Zola e l’ex centrocampista della Lazio, Roberto Di Matteo, è secondo nella Premier League alle spalle del Manchester United – dopo aver vinto nella passata stagione la Coppa d’Inghilterra – ed è ancora in piena corsa nella Coppa delle coppe che riprenderà a marzo.

(12 febbraio 1998) http://credit-n.ru/zaymi-nalichnymi-blog-single.html http://credit-n.ru/blog-listing.html

Elizabeth, il film della regina che sostituì la Madonna

ElizabethElizabeth, il film della regina che sostituì la Madonna

(Tratto dal quotidiano La Repubblica)
di IRENE BIGNARDI    

C’è una bellissima idea alla fine di Elizabeth, il sontuoso e romanzesco biopic su Elisabetta I firmato dall’indiano Shekhar Kapur, e arriva dopo due ore in cui tutto si può dire della grande Elisabetta – qui in versione giovane, visto che il film si ferma non molto dopo il 1554 in cui comincia -, salvo che si tratti di una mammola. Eppure il coup de thêatre che trasforma la bella e giovane eretica protestante nell’icona del potere regale che identifichiamo come Elisabetta è la riscoperta della verginità, o quanto meno del suo potere simbolico.

Accade nel momento in cui la rossocrinita figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena, 25enne, protestante, assurta dopo la morte della sorellastra Maria la cattolica – o Bloody Mary – al rissoso e pericoloso trono di un’Inghilterra divisa da un feroce scontro religioso tra cattolici e protestanti, in una corte piena di veleni (non metaforici) e di trabocchetti, si interroga sulla sua difficile situazione e scopre che cosa deve fare. L’ispirazione le viene da una pallida, gessosa statua della Madonna. “Ho liberato l’Inghilterra della sua presenza”, dice grosso modo la giovane regina, capendo al tempo stesso che, agli occhi del suo popolo, deve prendere il posto di quell’intoccabile simbolo – e diventare così, in una spogliazione e vestizione che ricorda la presa del potere di Urbano VIII nel Galileo brechtiano, Elisabetta la Regina vergine.

Prima di questo snodo cruciale, a cui l’australiana Cate Blanchett presta tutta la sua sensibilità e la sua bravura (rinunciando al tempo stesso alla sua tizianesca bellezza per diventare l’astratta maschera bianca della regina), il film di Kapur è una vertiginosa carrellata attraverso un periodo di storia complesso e aggrovigliato, che il regista percorre sulla base della sceneggiatura di Michael Hirst con avventurosa disinvoltura, dando per certe cose che fanno ancora dannare gli storici (sarà stato davvero Robert Dudley, conte di Leicester, nel film Joseph Fiennes, il solo e carnale amore della regina?) e sintetizzando con spiccia efficacia cose molto complicate – che per la verità non sempre si colgono al meglio. E chi vuole farà bene a ripassare chi fossero Filippo di Spagna o il duca di Anjou.

Ma in realtà poco importa il profilo storico: Kapur, che di regine se ne intende (è suo il grande successo indiano Bandit Queen) gira la sua “infanzia di un capo” con sfacciata bravura, arrampicandosi in visioni zenitali, animando chiese e palazzi di un brulichio di complotti e di amori, dipingendo un rinascimento britannico che sembra ricostruito dal Veronese, offrendoci anche qualche brivido erotico (in piedi, come si usa da qualche tempo), una splendida scena di civetteria regale (Elisabetta e i vecchioni) e una sfilata di belle facce e bravi attori: da Richard Attenborough sempre più simile a Dotto, a Fanny Ardant, nel cammeo di Maria di Guisa, bianconerocrinita come Crudelia De Mon, ma più spiritosa.

(9 ottobre 1998)
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Gruppi religioni contro Harry Potter

Gruppi religioni contro Harry Potter

Harry vola a cavallo di una scopa, Harry sconfigge i mostri, Harry incontra un mago malvagio. Mistico, magico, il meglio dell’avventura e della fantasia. Sono migliaia i lettori che su Amazon.com ogni giorno scrivono una mini recensione sul loro eroe, Harry Potter. Ma la saga del ragazzino magico che a tratti si tinge di splash con mostri succhia-anime è anche l’ultima vittima di una crociata messa in piedi negli States dalle associazioni di genitori aderenti a gruppi religiosi integralisti. Così, a pochi giorni dall’uscita in Italia di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (edito da Salani), in America qualcuno invoca la censura. Il personaggio nato dalla fantasia della scrittrice britannica Joanne Rowling è in cima alla lista dei bestseller del New York Times e gode degli onori del Time che di recente gli ha dedicato una copertina. In Italia è arrivato lo scorso anno e ha già raggiunto le 25 mila copie di vendita. Nel mondo si parla di tredici milioni di copie per il cofanetto della trilogia – Harry e la pietra filosofale, Harry e la camera dei segreti e l’ultimo “incriminato”. Il libro è già stato tradotto in quasi trenta lingue. E pensare che il piccolo Harry è nato per caso, al tavolino di un caffè. L’autrice ha cominciato a inventare personaggi da quando aveva sei anni: la sua prima creatura si chiamava Rabbit, personaggio di una storia piena di fantasia. E sulle ali dell’immaginazione più sfrenata, tinta anche di horror, Joanne Rowling ha continuato finora. Ha collezionato i nomi più strani, echi di vecchi libri di araldica o di storie medievali, per poi inventare i suoi mondi di parole e quadri surrealisti. Ma è proprio questa ricchezza che oggi fa mettere il ragazzino magico al bando: “Le storie sono intrise di morte, odio, mancanza di valori e cattiveria”, ha detto Elizabeth Mounce, una delle madri impegnate in prima linea nella crociata anti Harry Potter. A guidare la lotta, l’associazione “Bible Belt”. E il provveditorato agli studi della Carolina del Sud ha deciso di prendere in considerazione la richiesta di bando dei tre libri già usciti in America. Protestano persino gli stati tradizionalmente “liberal” come New York e Michigan, dove l’American Library Association ha denunciato i tentativi di alcuni genitori di bandire il libro dalle scuole. Il direttore di un istituto elementare della Georgia ha invitato le maestre a non leggere più testi della Rowling in classe per evitare problemi con le famiglie. Ma i bambini continuano a volare sulla scopa di Harry. Scrive Melissa, dal New Jersey: “E’ il miglior libro per i bambini che amano l’azione e l’avventura. Io ho solo dieci anni, per me è grande e spero che le maestre lo raccomandino agli alunni”. Kelly dal Michigan ha qualche anno in più: “Sono un’adulta ormai, ma lo adoro, chiunque abbia fantasia dovrebbe leggerlo”. Un piccolo australiano lo sfoglia insieme alla giovane mamma: “E’ il libro più bello del mondo”. (16 ottobre 1999) http://credit-n.ru/offers-zaim/webbankir-online-zaim-na-kartu.html http://credit-n.ru/offers-zaim/sms-finance-express-zaimy-na-kartu.html

Ritornano i cattolici sul trono di Inghilterra?

Ritornano i cattolici sul trono di Inghilterra?


La rottura tra la Gran Bretagna e la chiesa romana
cominciò con la scomunica di Enrico VIII
 LONDRA – In origine ci furono Enrico VIII e Anna Bolena. Poi nel 1701 arrivò l’Act of Settlement, un provvedimento che impedisce a chi è di fede cattolica di salire al trono britannico. Ma ora il governo di Tony Blair potrebbe far cadere un caposaldo della monarchia inglese. Così, dopo l’abolizione dell’ereditarietà nella Camera dei Lords, un’altra piccola rivoluzione investirebbe il potere della regina Elisabetta.

Finora la monarchia non è stata toccata dalle riforme istituzionali messe a punto dal gabinetto Blair nel 1997. Ma non è detto che le cose non possano cambiare. “Questo governo si batte contro ogni tipo di discriminazione e non potrebbe comunque difendere un principio che sia discriminante verso qualche categoria”, ha commentato un portavoce di Downing Street.

Negli anni passati molti esponenti della Chiesa cattolica hanno cercato di fare pressioni perché questo atto venisse annullato, ma non si è mai giunti a nulla. L’Act of Settlement arriva ai tempi della regina Anna, all’inizio del XVIII secolo, per consentire che a lei – priva di eredi – succedesse un protestante della dinastia Hannover, suo cugino Giorgio I. D’altronde la rottura con la Chiesa romana risaliva al 1530: in seguito al divorzio di Enrico VII dalla moglie Caterina di Aragona per sposare Anna Bolena arrivò la scomunica.

Insomma, visto che la Chiesa d’Inghilterra è la religione di Stato, anche il re o la regina devono appartenere a questa confessione. E questo nonostante la presenza di 4 milione 400 mila cattolici tra Inghilterra e Galles e 750 mila in Scozia. Tuttavia se cambiamento ci sarà, sarà abbastanza complesso, perché dovrà riguardare tutti i quindici paesi del Commonwealth.

(11 novembre 1999)
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